Atti degli Apostoli c23-v35
22 Fratelli e padri, ascoltate ora 24 Cinque giorni dopo arrivò
- Con lo sguardo fisso al sinedrio, Paolo disse: «Fratelli, io ho agito fino ad oggi davanti a Dio in piena rettitudine di coscienza».
- Ma il sommo sacerdote Anania ordinò ai presenti di percuoterlo sulla bocca.
- Paolo allora gli disse: «Dio percuoterà te, muro imbiancato! Tu siedi a giudicarmi secondo la Legge e contro la Legge comandi di percuotermi?».
- E i presenti dissero: «Osi insultare il sommo sacerdote di Dio?».
- Rispose Paolo: «Non sapevo, fratelli, che fosse il sommo sacerdote; sta scritto infatti: Non insulterai il capo del tuo popolo».
- Paolo, sapendo che una parte era di sadducei e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti».
- Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducei e l’assemblea si divise.
- I sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose.
- Ci fu allora un grande chiasso e alcuni scribi del partito dei farisei si alzarono in piedi e protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest’uomo. Forse uno spirito o un angelo gli ha parlato».
- La disputa si accese a tal punto che il comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza.
- La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma».
- Fattosi giorno, i Giudei ordirono un complotto e invocarono su di sé la maledizione, dicendo che non avrebbero né mangiato né bevuto finché non avessero ucciso Paolo.
- Erano più di quaranta quelli che fecero questa congiura.
- Essi si presentarono ai capi dei sacerdoti e agli anziani e dissero: «Ci siamo obbligati con giuramento solenne a non mangiare nulla sino a che non avremo ucciso Paolo.
- Voi dunque, insieme al sinedrio, dite ora al comandante che ve lo conduca giù, con il pretesto di esaminare più attentamente il suo caso; noi intanto ci teniamo pronti a ucciderlo prima che arrivi».
- Ma il figlio della sorella di Paolo venne a sapere dell’agguato; si recò alla fortezza, entrò e informò Paolo.
- Questi allora fece chiamare uno dei centurioni e gli disse: «Conduci questo ragazzo dal comandante, perché ha qualche cosa da riferirgli».
- Il centurione lo prese e lo condusse dal comandante dicendo: «Il prigioniero Paolo mi ha fatto chiamare e mi ha chiesto di condurre da te questo ragazzo, perché ha da dirti qualche cosa».
- Il comandante lo prese per mano, lo condusse in disparte e gli chiese: «Che cosa hai da riferirmi?».
- Rispose: «I Giudei si sono messi d’accordo per chiederti di condurre domani Paolo nel sinedrio, con il pretesto di indagare più accuratamente nei suoi riguardi.
- Tu però non lasciarti convincere da loro, perché più di quaranta dei loro uomini gli tendono un agguato: hanno invocato su di sé la maledizione, dicendo che non avrebbero né mangiato né bevuto finché non l’avessero ucciso; e ora stanno pronti, aspettando il tuo consenso».
- Il comandante allora congedò il ragazzo con questo ordine: «Non dire a nessuno che mi hai dato queste informazioni».
- Fece poi chiamare due dei centurioni e disse: «Preparate duecento soldati per andare a Cesarèa insieme a settanta cavalieri e duecento lancieri, tre ore dopo il tramonto.
- Siano pronte anche delle cavalcature e fatevi montare Paolo, perché venga condotto sano e salvo dal governatore Felice».
- Scrisse una lettera in questi termini:
- «Claudio Lisia all’eccellentissimo governatore Felice, salute.
- Quest’uomo è stato preso dai Giudei e stava per essere ucciso da loro; ma sono intervenuto con i soldati e
l’ho liberato, perché ho saputo che è cittadino romano. - Desiderando conoscere il motivo per cui lo accusavano, lo condussi nel loro sinedrio.
- Ho trovato che lo si accusava per questioni relative alla loro Legge, ma non c’erano a suo carico imputazioni meritevoli di morte o di prigionia.
- Sono stato però informato di un complotto contro quest’uomo e lo mando subito da te, avvertendo gli accusatori di deporre davanti a te quello che hanno contro di lui».
- Secondo gli ordini ricevuti, i soldati presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipàtride.
- Il giorno dopo, lasciato ai cavalieri il compito di proseguire con lui, se ne tornarono alla fortezza.
- I cavalieri, giunti a Cesarèa, consegnarono la lettera al governatore e gli presentarono Paolo.
- Dopo averla letta, domandò a Paolo di quale provincia fosse e, saputo che era della Cilìcia,
- disse: «Ti ascolterò quando saranno qui anche i tuoi accusatori». E diede ordine di custodirlo nel pretorio di Erode.