Atti degli Apostoli c22-v30
21 Appena ci fummo separati da loro 23 Con lo sguardo fisso al sinedrio
- «Fratelli e padri, ascoltate ora la mia difesa davanti a voi».
- Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancora più silenzio. Ed egli continuò:
- «Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi.
- Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne,
- come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti.
- Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me;
- caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”.
- Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”
- Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava.
- Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”.
- E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco.
- Un certo Anania, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti,
- ù13venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi.
- Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca,
- perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito.
- E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”.
- Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi
- e vidi lui che mi diceva: “Affréttati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me”.
- E io dissi: “Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nelle sinagoghe quelli che credevano in te;
- e quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anche io ero presente e approvavo, e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano”.
- Ma egli mi disse: “Va’, perché io ti manderò lontano, alle nazioni”».
- Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a questo punto alzarono la voce gridando: «Togli di mezzo costui; non deve più vivere!».
- E poiché continuavano a urlare, a gettare via i mantelli e a lanciare polvere in aria,
- il comandante lo fece portare nella fortezza, ordinando di interrogarlo a colpi di flagello, per sapere perché mai gli gridassero contro in quel modo.
- Ma quando l’ebbero disteso per flagellarlo, Paolo disse al centurione che stava lì: «Avete il diritto di flagellare uno che è cittadino romano e non ancora giudicato?».
- Udito ciò, il centurione si recò dal comandante ad avvertirlo: «Che cosa stai per fare? Quell’uomo è un romano!».
- Allora il comandante si recò da Paolo e gli domandò: «Dimmi, tu sei romano?». Rispose: «Sì».
- Replicò il comandante: «Io, questa cittadinanza l’ho acquistata a caro prezzo». Paolo disse: «Io, invece, lo sono di nascita!».
- E subito si allontanarono da lui quelli che stavano per interrogarlo. Anche il comandante ebbe paura, rendendosi conto che era romano e che lui lo aveva messo in catene.
- Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio; fece condurre giù Paolo e lo fece comparire davanti a loro.